Miti e Leggende: Lo Spiedo
Il nome attuale italiano deriva dal nome medioevale di un'arma,
appunto lo spiedo.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Spiedo_%28gastronomia%29)
(http://it.wikipedia.org/wiki/Spiedo_%28gastronomia%29)
I primi documenti
conosciuti che ci confermano l’esistenza e l’uso dello spiedo per cuocere le
carni sono i poemi omerici, composti in Grecia tra il IX e il VII secolo a. C.
da un geniale poeta, conosciuto fin dall’antichità col nome di Omero,
il quale ha raccolto le storie e le leggende tramandate da generazioni e
raccontate per le strade della Grecia da cantastorie girovaghi e ha composto
due poemi che
hanno attraversato i millenni.
Nel primo libro dell’Iliade, Omero descrive la preparazione d’un banchetto, con la cottura delle carni allo spiedo, soffermandosi pure sull’aspetto religioso precedente il sacrificio dell’animale e ricordando che l’esame delle sue viscere consentiva di predire il futuro.
Sempre Omero ci ricorda che il pasto ordinario degli eroi – così l’antico poeta denominava i combattenti troiani e quelli greci che combatterono sotto le mura di Troia – si componeva di pane, vino e carne arrostita, e le carni preferite erano quelle di bue e di maiale.
A quei tempi lo spiedo, che ritroviamo anche in altri banchetti raccontati nell’Iliade (per esempio nel IX libro) e nell’Odissea, non era certo tecnologicamente raffinato come quello attuale, comunque risulta in uso anche prima alla guerra di Troia, che fu combattuta attorno al XII° sec. a.C.
La metodica descritta da Omero nei passi citati e altrove – vale a dire: lo spiedo va posto sopra o accanto alle braci dopo che le fiamme si sono completamente estinte - rimarrà sostanzialmente invariata fino ai nostri giorni, ammettendosi tutt’al più di procedere anche col fuoco di fiamme, sempre però per irradiazione e mai per contatto.
(http://giampierororato.blogspot.it/2014/11/lo-spiedo.html)
Mater Matuta, la dea del mattino, o dell'aurora, aveva un tempio
accanto al Porto di Roma. La sua festa era celebrata l'11 giugno, il giorno dei
“Matrialia” e a questo culto erano ammesse le donne sposate una sola volta, il
cui marito era ancora vivo, mentre le donne schiave ne erano escluse
severamente.
(Vi è una statua cineraria del V sec. a.C. conservata a Firenze, nel Museo Archeologico Nazionale.)
(Vi è una statua cineraria del V sec. a.C. conservata a Firenze, nel Museo Archeologico Nazionale.)
“La leggenda voleva che la dea non fosse altro che Ino-Leucotea,
approdata a Roma dopo il suicidio e la sua trasformazione in dea marina.
Ino, figlia di Cadmo, era la seconda moglie di Atamante, col
quale aveva avuto due figli, Learco e Melicerte.
Poiché aveva persuaso Atamante ad accogliere il piccolo Dioniso,
e ad allevarlo insieme ai loro figli, Era si era incollerita perché avevano
accolto un figlio degli amori adulterini di Zeus, e pertanto li fece impazzire
entrambi.
Atamante uccise Learco con uno spiedo, scambiandolo per un
cervo, e Ino gettò in un paiolo d'acqua bollente Melicerte e poi si gettò in
mare con il cadavere del bambino…”
Nessun commento:
Posta un commento